Disegnare per conoscersi e decifrarsi | Intervista ad Antonio Nautilo

Io vedo la disciplina artistica come un modo per manifestare le mie preoccupazioni, un luogo in cui posso riflettere sui temi che mi provocano indignazione o insoddisfazione, e mi trovo sempre a presentare questi temi in una forma distopica o apocalittica. 

Siamo abituati a pensare all’arte come qualcosa di rassicurante e gradevole, ma non sempre è così. Spesso ciò avviene per colpa di qualche retaggio che ci portiamo dietro dal liceo – complice, fin troppo spesso, il fatto che la disciplina sia affidata ad insegnanti che si limitano ad esporla senza insegnarla davvero (tratto da non una, ma tante storie vere). Siamo convinti che la gradevolezza estetica sia uno degli aspetti fondamentali di un’opera. Ecco, non è affatto così.

L’arte può essere tante cose. In certi casi, come per Antonio Nautilo, è uno strumento di riflessione, di indagine di se stessi. Un modo per scavare nella profondità della propria mente, anche quando questo significa incontrare paure e turbamenti. Allora forse è possibile imparare a dialogare con essi e, perché no, anche affrontarli. O semplicemente conviverci.

Parlami del tuo percorso formativo.

La mia formazione iniziale è come graphic designer, mi sono laureato in questo campo e ciò mi ha permesso di svolgere l’attività di illustratore editoriale. Lavorare costantemente con immagini, disegni, libri e idee mi ha dato modo di ripensare continuamente il mio lavoro. Dato che lavoravo con gli elementi visivi che volevo, sentivo di avere bisogno di più libertà, più strumenti concettuali e tecnici che mi aiutassero a migliorare quelle immagini che producevo, e prendere in mano i miei progetti dall’inizio alla fine. È così che ho deciso di cambiare città e studiare arti visive. 

C’è un motivo in particolare per cui hai scelto questo mezzo espressivo?

Mi sono appena laureato in Arti Visive, ho studiato alla Scuola Nazionale di Pittura Scultura e Incisione di Città del Messico. La scuola è stata per me la riscoperta di molte sfaccettature della mia persona. Considero i luoghi di formazione importanti come punti di discussione delle idee e come un modo per “contaminarsi” ed esporsi a diversi modi di affrontare l’arte, che inevitabilmente ci modificano in qualche modo. Ma anche il lavoro personale quotidiano rappresenta una ricerca molto profonda di conoscenza costante di se stessi; permette di scoprire i propri interessi, di mettere in discussione le proprie idee, per cercare un modo per costruire una propria visione. Nel mio caso in particolare ho vissuto questo processo come un modo per decifrare gli interessi che nutrivo da anni, li ho portati alla luce e li ho poi tradotti attraverso la ricerca e la pratica costante del disegno. I mezzi che utilizzo hanno assunto sempre maggiore importanza, anche se sono aperto a sfruttare qualsiasi strumento artistico nuovo.

Narrazioni interne
Diorama. Disegno a inchiostro e transfer su profili di balsa
23.5 cm x 28 cm
2020

Perché scegli di lavorare senza colori? Trovi che possano distogliere l’attenzione dal messaggio che vuoi comunicare?

In generale posso dire che il linguaggio che ammiro di più ha a che fare con il disegno e la grafica. La pratica del disegno mi ha sempre dato modo di affrontare ricerche e sperimentazioni continue, il che mi ha portato a conoscere in qualche modo questo mezzo più di altri, e mi fa quindi sentire a mio agio. Inoltre, vedendo quanto si possa spaziare con la rappresentazione grafica in arte e tutte le possibilità di sperimentazione che offre, mi si è aperto un mondo che vorrei continuare ad esplorare.

Di solito la mia scelta sulla presenza del colore ha a che fare con i temi che affronto, stranamente quella parte della mia produzione illustrativa che non è nota ha molto colore. Tuttavia io vedo la disciplina artistica come un modo per  manifestare le mie preoccupazioni, un luogo in cui posso riflettere sui temi che mi provocano indignazione o insoddisfazione, e mi trovo sempre a presentare questi temi in una forma distopica o apocalittica. 

Pignoramenti premonitori
Acquatinta e acquaforte
55 cm x 80 cm
2018

Vuoi descrivermi in poche parole il tuo processo creativo?

Di solito tutto inizia con un’idea che ha rubato il mio interesse e a cui ho pensato per molto tempo. Potrebbe essere qualcosa che si è verificato nella mia vita di tutti i giorni, in qualche sogno o in una conversazione avuta con qualcuno. Poi questa idea diventa così rilevante che decido di dedicarle più attenzione e di lavorare con lei. A volte inizio con un disegno o con la lettura di un libro che parla di quell’argomento. Successivamente diventa una ricerca quasi ossessiva di risposte, una lunga esplorazione nel disegno, nei testi, nel cinema, nella musica, in altri artisti e in qualunque altro aspetto del mio quotidiano. Procedo in questo modo fino a quando emergono le idee grafiche, che non sempre corrispondono a quello che mi aspettavo ma arriva un momento in cui decido di concludere il processo di incubazione. Così di solito affronto l’installazione, la grafica o il disegno utilizzando tutto ciò che è emerso nella precedente fase di ricerca. Mi accingo subito a concretizzare immagini, idee, stili grafici, simboli o altro. Cerco di ottenere un risultato che rifletta in modo adeguato le scoperte compiute in precedenza. E di solito la parte della ricerca mi piace molto, a volte più del prodotto finale.

Sogni persistenti
Narrazione grafica. Disegno a inchiostro (rilegatura giapponese)
20 cm x 30 cm (16 pagine)
2018

Mi ha molto colpito la serie “Il linguaggio è un virus”. Vuoi parlarmi di come è nata l’idea? Come si collega alla situazione mondiale attuale?

È una serie a cui ho lavorato dopo aver scoperto le idee dello scrittore William S. Burroughs in alcuni dei suoi testi. La serie di disegni e grafiche che ho realizzato ha a che fare con una frase in particolare, che gli viene spesso attribuita: “Il linguaggio è un virus che viene dallo spazio”. Si tratta di una teoria che propone l’origine della specie umana come il prodotto dell’influenza di un virus extraterrestre, a partire da quel momento il linguaggio agisce come l’infezione di un virus, interessando così tutte le generazioni umane. Opera come un meccanismo di controllo, attraverso il quale l’uomo è vulnerabile alla manipolazione che lo limita e lo contrae attraverso i mezzi, lo Stato e gli apparecchi di controllo. Il corpo umano stesso è un sistema di controllo. In realtà, quello che mi sono proposto con questa serie era di cercare di rendere visibile il virus, la sua manifestazione nell’ambiente, quello spazio immaginario in cui abita il linguaggio. Volevo rendere chiara la particolare sensazione di una presenza invisibile, un peso con cui si deve vivere ogni giorno sulle spalle.

Serie: Il linguaggio è un virus
Acquatinta e acquaforte
13 x 18 cm
2019

Per quanto riguarda la recente pandemia, credo sia importante riflettere sui cambiamenti che tutto questo ha avuto sulla vita quotidiana, rendendo sempre più evidente la nostra dipendenza dalla tecnologia. Penso che la malattia in sé sia una tragedia, ma da questo tipo di crisi il mondo si riorganizza nel bene o nel male, ed è quindi importante valutare cosa costruire e distruggere ciò che non ci favorisce come umanità.

Ti vedi più come un artista o un illustratore? Quale pensi sia la differenza fra le due cose, se c’è?

Ritengo di essere il risultato di molte delle mie decisioni, non è detto che io sia solo una di queste due cose. Potrei dire che assumo un ruolo o un altro, a seconda del progetto che sto affrontando con i suoi metodi specifici.

Serie: Rituali personali
Acquatinta e acquaforte
13 cm x 18 cm
2019

Hai fatto altre esperienze espositive oltre a quella con Bimble? Come sono andate?

Ho partecipato a diverse esposizioni collettive, ma quella con Bimble è stata la prima a cui ho partecipato individualmente. Un’esperienza che ricordo con piacere è stata un’esposizione che si è tenuta a conclusione del mio scambio scolastico, organizzato dall’Accademia di Belle Arti di Macerata. È stato molto interessante condividere una galleria con altri studenti Erasmus provenienti da diversi paesi, conoscere le loro proposte dopo un intero semestre di apprendimento, e partecipare ad una mostra al di fuori del mio paese di origine.

Cosa speri per il futuro dell’arte, e per la tua in particolare?

Con la mia ricerca spero di continuare ad imparare, e a lavorare sull’indipendenza. Per un’arte più democratica, che esponga ciò che ci impedisce di essere liberi.

Oggetti rituali
Installazione di origami (7 oggetti)
Acquatinta e acquaforte
Misure variabili
2018

[Questo articolo è frutto di una collaborazione con Bimble, una realtà che ha l’obiettivo di promuovere artisti emergenti e metterli in contatto con locali che possano accogliere le loro esposizioni.]

Per approfondire, dai un’occhiata a questi link:

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